La sceneggiatura è la stessa, così come la protagonista, la Natura, che in questa parte di Calabria, con i suoi eventi disastrosi ha (ri)scritto spesso la storia del suo territorio. Fu così anche per Brancaleone Superiore, dove i terremoti del 1783, 1905, 1907 e 1908 e la tragica alluvione a metà anni ’50, lo resero l’ennesimo paese fantasma, costringendo gli abitanti a trasferirsi definitivamente poco sotto a valle e nel centro abitato sulla costa (l’attuale Brancaleone Marina). Siamo nell’area grecanica, ai piedi dell’Aspromonte, a ca. 70 km da Reggio C., in un tratto del mare Ionio denominato “Costa dei Gelsomini” per la tipica e diffusa presenza nel territorio di questa pianta, i cui fiori venivano raccolti dalle donne (chiamate gelsominaie) per realizzare pregiate essenze in profumeria. Le origini di Brancaleone Superiore (anticamente si chiamava “Sperlinga o Sperlonga” per la presenza nell’area di numerose grotte naturali o “spelonche”) si attestano tra il VI ed il VII secolo d.C. a seguito dell’arrivo su queste terre dei monaci Greco-Bizantini in fuga dall’oriente sotto l’incalzare della persecuzione Musulmana e Iconoclasta. Inizialmente i monaci utilizzarono questi ambienti rupestri come luoghi di meditazione e culto (chiese grotta), ma anche come ambiente essenziale dove si svolgeva la vita quotidiana. In dote i monaci portano nuove forme di civiltà, lingua, riti religiosi, costumi e conoscenze, che consentono alla popolazione locale di crescere, creando i presupposti sociali per la nascita e lo sviluppo (ca. anno 1000) del primo nucleo urbano del paese, sorto quasi certamente attorno al monastero (non vi sono più tracce evidenti). La struttura originaria si articolava in due nuclei. Il primo in prossimità del sito che ospita l’antica chiesa Matrice dell’Annunziata (XIV sec.?), di cui rimangono esclusivamente il piano di calpestio e i resti di antiche sepolture. Adiacente alla chiesa vi è la Piazzetta del Ponte o di Vittorio Emanuele, nella cui pavimentazione sono visibili diversi fori di silos ipogei per granaglie e liquidi, scavati nella pietra. Il secondo nucleo si estende poco sotto, nei pressi della nuova chiesa Maria S.S. Annunziata, rifondata nel 1935. Divenuto prima baronia e poi feudo, il Borgo si presenta con le caratteristiche urbane medievale. Il castello (XIV sec.?, oggi solo ruderi), fu sede delle famiglie nobiliari dei Ruffo dal 1364, poi degli Ayerbo d’Aragona – Conti di Brancaleone, degli Spatafora e infine dei Carafa sino al 1806. Inizio il mio viaggio risalendo la strada che dalla Marina per ca. 4 km porta verso il “Parco Archeologico Urbano” di Brancaleone, istituito nel 2008 a tutela di questo bene. Lo sguardo e l’attenzione sono rivolti inevitabilmente verso la collina. Lassù in alto, Brancaleone Vetus, antico custode della vallata, si staglia su un colle d’arenaria a 311 metri s.l.m., sulla cui cima sventola la bandiera tricolore. Pochi minuti d’auto e arrivi sul piazzale della bella chiesa dedicata a Maria S.S. Annunziata. Un grande albero ti accoglie sotto le sue fronde generose e rinfrescanti, ideale in questa calda giornata settembrina. Dal belvedere il panorama è incredibile, lo sguardo degrada dolcemente dal verde rigoglioso della collina verso la costa, per perdersi all’orizzonte, sulla linea dove il cielo incontra il mare. All’ingresso una parete di roccia mette in risalto le Torbiditi, sedimenti geologici marini risalenti a milioni di anni fa. Il Borgo è tutto un gioco di luci e ombre, colori e profumi antichi. La sensazione di benessere e pace la fa da padrona, come la quiete, interrotta di tanto in tanto dal soffio lieve del vento o dal belare stanco di alcune capre a spasso tra le rovine. Salgo tra i vicoli, a tratti ripidi e dissestati , tra piante di melograni e fichi d’India arrampicati sulla roccia verticale. Si notano le vecchie case di pietra ricoperte di vegetazione, alberi di fico che le abbracciano quasi a proteggere ciò che rimane della vita passata. Se ti fermi, puoi ascoltare il silenzio, apprezzare quel senso di serenità e consapevolezza che infonde questo luogo d’indubbia bellezza, dove il tempo si è fermato per custodire la storia, il cuore e l’anima degli uomini e delle donne che hanno vissuto, lavorato e sognato, costretti poi, loro malgrado, ad abbandonare la propria terra e con essa il racconto di una storia millenaria, ancora vivo. In tal senso, è di grande importanza l’opera svolta dalla Pro-Loco di Brancaleone, impegnata da anni nel preservare la memoria e le testimonianze di questi luoghi, attraverso progetti di recupero e valorizzazione del patrimonio storico,naturalistico, culturale e turistico. Brancaleone è definita la “Città delle tartarughe marine”, per i numerosi siti di nidificazione della “caretta caretta” lungo la costa e per ospitare uno dei più importanti “Centro di Recupero Tartarughe Marine”. Inoltre, sulla via Marina è ubicata la casa, con la stanzetta-museo, dove ha alloggiato il celebre scrittore del ‘900 Cesare Pavese nel periodo del suo confino (agosto 1935-marzo1936). Scarpe da ginnastica o da trekking per una visita in sicurezza. Bottiglia d’acqua e macchina fotografica obbligatoria per catturare immagini e panorami unici. (settembre 2022_Silvano_Schiaoncin_©_).
Brancaleone – Parco Archeologico (RC): il borgo abbandonato di “Vetus”.
Brancaleone – Parco Archeologico (RC): il borgo abbandonato di “Vetus”.ultima modifica: 2022-12-03T15:05:43+01:00da
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