Roghudi (RC): il borgo fantasma e il mistero delle sue leggende.

I motivi dell’abbandono di Roghudi furono due devastanti e tragiche alluvioni, nel 1971 e nel 1973, che resero il luogo inagibile e inabitabile. Gli abitanti di allora, circa 1650 anime, trovarono inizialmente collocazione nei paesi limitrofi (nonostante le resistenze di parte degli anziani). Successivamente, nel 1988, alcuni di loro si trasferirono per dar vita a Roghudi Nuovo, una enclave all’interno del territorio di Melito Porto Salvo, a pochi passi dal mare, ma lontano 40 km dal vecchio borgo natio. Roghudi Vecchio, 530 mt di altitudine, il cui nome deriva dal greco “Rogòdes“, pieno di crepacci, o da “Rhekhodes“, che significa aspro, era sorto intorno al 1050 da alcuni gruppi di pastori nomadi. Fu borgo feudale sino al 1811 e poi Comune. Ci troviamo nell’Area Grecanica e qui si parlava il Greco di Calabria (Grecanico). Per arrivarci, circa 53 km partendo da Bocale (RC), ho scelto la strada sicuramente meno comoda e a tratti avventurosa, quella che da Melito Porto Salvo sale lungo il costone della montagna sul versante ionico dell’Aspromonte, passando da Roccaforte del Greco. Proseguendo verso Roghudi Vecchio è un susseguirsi di paesaggi incredibilmente suggestivi, dove la natura rigogliosa spesso si è riappropriata del territorio; poche tracce della presenza dell’uomo, solo qualche mucca a occupare la strada, e il silenzio a regnare incontrastato. L’ultimo tratto è poco più di un largo sentiero, fondo stradale spesso sconnesso e piccole frane. Più volte ho pensato di tornare indietro, sembrava di non dover mai arrivare, ma la curiosità e un po’ di (in)sana follia mi ha spinto a continuare. Circa due km prima della meta si attraversa un ponte sulla spettacolare e maestosa fiumara dell’Amendolea. Proseguendo, ecco quasi all’improvviso apparire poco lontano il borgo di Roghudi, abbarbicato su uno sperone roccioso di montagna che si protrae lungo il suo pendio, pronto per “tuffarsi” dentro la grande e suggestiva fiumara Amendolea. Finalmente ero arrivato. Mi accoglie un silenzio quasi surreale, lo spettacolo che osservo è unico, quasi magico. Non vi sono altre auto sul piazzale, la sensazione di essere solo è realtà. Inizio così il mio , tra strette scalinate, abitazioni diroccate e a strapiombo. (Una leggenda popolare racconta dell’esistenza di grossi chiodi conficcati nelle mura delle case, su cui venivano legate delle cordicelle, alle estremità delle quali erano assicurate le caviglie dei bambini, per evitare che cadessero nei burroni circostanti). Un vento leggero, che spira tra i vicoli stretti e muti, muove le ante di qualche vecchia finestra aggrappata tenacemente al muro in rovina, quasi a voler ricordare che qui la vita è l’uomo regnavano fino a poco tempo fa. Girovago su e giù per il borgo e, con mia sorpresa, noto che qualche casa mostra timidi lavori di ripristino (una parete o un tetto rifatto, una ringhiera colorata di blu); la chiesetta di S. Nicola restaurata e curata; piccoli tratti di acciottolato rifatti. Tutto ciò mi suggerisce l’attaccamento di questa comunità a non voler abbandonare completamente la loro terra natia, né dimenticare il loro tempo e la loro storia. E’ stata un’esperienza toccante e malinconica, soprattutto per le storie di vita quotidiana che in questo viaggio ho “immaginato” di vedere e ascoltare, tra i vicoli rumorosi e vivaci del borgo mai dimenticato. (Settembre 2020).                                                                     –Altre leggende si raccontano aggiungendo ancora più mistero al borgo di Roghudi. >Nella frazione abbandonata di Ghorio di Roghudi, si trovano due curiose formazioni rocciose, chiamate “Rocca tu Dracu” (Rocca del Drago) e “Caldaie del Latte”. Quest’ultime (le “caddhareddhi”) rappresenterebbero, secondo la tradizione popolare, la fonte di nutrimento del drago il quale, tra l’altro, sarebbe a sua volta il temibile custode di un grande e inestimabile tesoro.                                                     >In contrada Ghalipò di Roghudi secondo gli anziani del posto vivevano le “Andrade” (o “Narade” o “Anarade”) donne con zoccoli di mulo al posto dei piedi, perennemente alla ricerca di uomini da sedurre. Di giorno vivevano nascoste tra le rupi, ma di notte il loro scopo era quello di attirare con l’inganno le donne del paese verso il fiume per ucciderle e accoppiarsi quindi con gli uomini del villaggio. Per scongiurare questa minaccia le donne fecero costruire tre ponti ancora esistenti, uno a “Plachi”, uno a “Pizzipiruni” e uno ad “Agriddhea”. Roghudi_Trip06 Roghudi_Trip08 Roghudi_Trip10 Roghudi_Trip11 Roghudi_Trip12 Roghudi_Trip13 Roghudi_Trip14 Roghudi_Trip15 Roghudi_Trip18 Roghudi_Trip21 Roghudi_Trip22 Roghudi_Trip23 Roghudi_Trip24 Roghudi_Trip26 Roghudi_Trip27 Roghudi_Trip29 Roghudi_Trip31 Roghudi_Trip35 Roghudi_Trip38 Roghudi_Trip39 Roghudi_Trip40 Roghudi_Trip41 Roghudi_Trip42 Roghudi_Trip43 Roghudi_Trip47 Roghudi_Trip50 Ghorio di Roccaforte_d.G._Trip03 Roccaforte d.G._Trip01

Roghudi (RC): il borgo fantasma e il mistero delle sue leggende.ultima modifica: 2020-10-15T17:09:54+02:00da arcobaleno1956
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